Notizia importante per tutti gli internauti! Nei giorni scorsi, la Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha stabilito con la sentenza n. 24431/2015 che offendere una persona su Facebook comporta il reato di diffamazione aggravata.
La controversia scaturiva dalla denuncia/querela di un privato cittadino che trovando un intervento poco cortese sul proprio profilo di Facebook,  tracciato con nome, cognome e foto del denigratore, aveva deciso di agire per vie legali. L’intervento della Corte suprema ha accreditato di fatto la similitudine tra l’offesa via internet e la vecchia diffamazione su carta stampata e ha dato atto della “lezione di legittimità secondo cui i reati di ingiurie e diffamazione possono essere commessi via internet”.
A giudizio dell’estensore della sentenza, il fondamento dell’aggravante è “nella potenzialità, nella idoneità e nella capacità del mezzo utilizzato per la consumazione del reato a coinvolgere e raggiungere una pluralità di persone con ciò cagionando un maggiore e più diffuso danno alla persona offesa”. E se lo “strumento principe della fattispecie in esame” (diffamazione) è la stampa quotidiana e periodica, è anche vero che la norma prevede “qualsiasi altro mezzo di pubblicità” per poter applicare l’aggravante che porta la pena fino a 3 anni di carcere. Il meccanismo delle amicizie “a catena” di Facebook, in sostanza, “ha potenzialmente la capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone e, pertanto, di amplificare l’offesa in ambiti sociali allargati e concentrici”.
Informazione utile a molti che scambiano il social network con il salotto di casa dove scambiare quattro chiacchiere a volte con espressioni offensive. Ora rischiano la prigione.